MARCO TERENZIO VARRONE REATINO (Rieti 116-27 a. C.).

La vita


Marco Terenzio Varrone nacque nel 116 a.C. a Rieti. Per questo motivo gli storici della letteratura latina lo hanno denominato Reatino, anche per distinguerlo da Varrone Atacino, il poeta neoterico nato ad Atax in Gallia.

Terenzio Varrone era di famiglia plebea, ma discendente di quel Gaio Terenzio Varrone, il console sconfitto da Annibale nella famosa battaglia di Canne del 216 a.C.. Questo, bisogna dirlo, fu in un certo senso la sua fortuna. Sapendo che i Romani, per scaramanzia, non avrebbero mai eletto un altro console di nome Varrone, non aspirando alla più alta carica politica di Roma, il nostro Marco Terenzio poté dedicarsi con maggiore impegno allo studio e passare indenne in un secolo di guerre civili.

Avendo la sua famiglia accumulato enormi ricchezze e grandi rendite provenienti dagli allevamenti di pecore, cavalli ed asini, Terenzio Varrone ebbe la possibilità  di frequentare le migliori scuole dell'epoca. La sua formazione fu molto accurata ed egli studiò prima a Roma, con il famoso grammatico Elio Stilone, e poi, come ra consuetudine tra i nobili ed i ricchi, completò gli studi ad Atene, dove ebbe come maestro Antioco di Ascalona.
Varrone politicamente appartenne al partito senatoriale ed oligarchico e, convinto che fosse il vero difensore della repubblica, fu partigiano di Pompeo il quale gli affidò comandi militari in Spagna.

Dopo la sconfitta di Farsalo, Varrone si avvicinò a Giulio Cesare che gli restituì le sue proprietà  e gli affidò l'allestimento di una biblioteca greca e latina a Roma.

Marco Terenzio Varrone morì nel 27 a.C..

Le opere


Varrone compose una settantina di opere in molti campi dello scibile umano, per un complesso di 620 libri.
Tutte le sue opere, si hanno, per intero, solo il De re rustica, in 3 libri, e 6 libri dei 25 che componevano il "De lingua latina".

Fra le opere perdute vanno almeno ricordate: Saturae Menippeae, in 150 libri, scritte parte in versi e parte in prosa secondo lo stile del cinico Menippo di Gadara, e su argomenti disparati, letterari, filosofici, politici, di costume; Logistorici, trattati su vari soggetti in 76 libri; Imagines, in 15 libri, con 700 brevi biografie di personaggi famosi greci e romani; trattati di letteratura (De poematis", "De poetis", "De comoediis Plautinis", "Quaestiones Plautinae"); le "Antiquitates rerum humanarum et divinarum", in 41 libri, illustranti le antichità  profane dei romani in 25 libri e quelle sacre in 16; l'opera enciclopedica Disciplinarum libri novem, sulle arti liberali.

Terenzio Varrone scrisse anche diverse composizioni storiche, geografiche ed erudite, come De Pompeio, "De vita sua", "De ora maritima", "De gente populi Romani", "De familiis Troianis", "Res urbanae" e altri trattati grammaticali, come il "De sermone Latino", "De similitudine verborum".

Giudizio


Dal poco giunto a noi si può dedurre che la romanità  fosse rimasta la caratteristica della cultura di Terenzio Varrone, in un periodo in cui si andava operando sempre più la fusione tra cultura greca e romana. Cicerone disse che Terenzio Varrone rivelò ai Romani il loro passato, le loro istituzioni, i luoghi, la lingua e la letteratura; Seneca e Quintiliano lo definirono "il più erudito dei Romani"; anche più tardi il suo enciclopedismo e la sistemazione del sapere da lui operata ebbero grande influenza. Ancora il Petrarca lo citava accanto a Cicerone e a Virgilio come "terzo gran lume romano".
In conclusione possiamo affermare, senza paura di essere smentiti, che lo spirito enciclopedico di Terenzio Varrone fu tale che è quasi impossibile trovare chi possa stargli alla pari sia nelle letterature antiche sia in quelle moderne di ogni nazione.